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giovedì 17 marzo 2011

Le importazioni cinesi risultano dannose per l’economia brasiliana

La neoeletta presidente del Brasile Dilma Rousseff ha incontrato, venerdì scorso, i dirigenti sindacali in seguito alle pressioni gli imprenditori brasiliani affinché il governo attivi dei controlli più rigorosi sui prodotti importati dalla Cina, sia per quanto riguarda la qualità che la sicurezza degli stessi.

Dal 2009 la Cina è diventata il maggior partner commerciale del Brasile, davanti agli Stati Uniti ma la presidente ha espresso la propria preoccupazione riguardo i rapporti commerciali con il colosso asiatico in quanto si sarebbe creato uno squilibrio commerciale e la quantità e tipologia di beni importati risulterebbe dannosa per l’economia domestica.
Secondo quanto reso noto dal presidente dell’Associazione Nazionale degli Importatori Tessili, l’80% dei costumi di Carnevale in mostra a Rio sono stati importati dalla Cina: cosa impensabile una decina d’anni fa. Le importazioni cinesi hanno invaso l’America Latina, favorite da un lato dalla rivalutazione del real, e dall’altro dalla carenza di attrezzature e macchinari adeguati alla produzione industriale brasiliana.
La domanda è in forte ascesa e l’industria, specialmente quella tessile, non riesce a competere con i prezzi cinesi che riescono a raggiungere il 40% in meno rispetto a quelli brasiliani. Nel 2010 il Brasile ha registrato un surplus commerciale di 5,2 miliardi di dollari con la Cina ma, come evidenziato dall’Associazione Nazionale degli Importatori Tessili, il Real risulta essere meno competitivo della moneta cinese del 40%. Al contrario la mancanza della libera fluttuazione dello yuan cinese garantisce a Pechino un vantaggio del 30% sui prezzi brasiliani. Dilma Rousseff ha in programma una visita ufficiale in Cina il 10 aprile, durante la quale incontrerà il presidente cinese Hu Jintao e successivamente sarà presente al vertice del gruppo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).
I media brasiliani hanno anticipato che il governo ha intenzione di limitare o addirittura vietare la concessione di esenzioni fiscali sulle importazioni, nel tentativo di stimolare l’industria nazionale. Tale misura farebbe parte della proposta di riforma fiscale del governo, in esame ad aprile.

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