I rappresentanti dei paesi Brics - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - dal 23 al 25 settembre, si riuniranno a Washington per discutere il piano di aiuti all’Europa.
In seguito alla crisi statunitense dei subprime, ha avuto inizio il processo che ha portato, da un lato, alla retrocessione delle economie “mature” e, dall’altro, all’avanzamento di quelle “emergenti”. Ora che i Brics valutano il loro piano di aiuti all’Europa, molti, soprattutto in Occidente, si stanno chiedendo se saranno davvero gli “emergenti”, i cui redditi pro-capite sono di molto inferiori a quelli dei Paesi che vogliono aiutare, a sollevare le sorti l’Europa.
Christine Lagarde, capo del Fmi, non è preoccupata dall’idea che un aiuto concreto all’Europa possa arrivare dai Brics e ritiene che, in un momento di crisi fortissima del debito della zona euro, si tratti di un “interessante sviluppo”.
Tuttavia, all’interno degli “emergenti” le posizioni e le opzioni sono differenti. La Russia, per esempio, non trae alcun beneficio dall’instabilità europea e molto probabilmente non varerà interventi diretti per sostenere i Paesi più deboli (come Grecia, Spagna e Italia), ma darà il proprio contributo attraverso il Fmi. Pechino è il più grande detentore di debito pubblico Usa e ora guarda anche all’Italia: procedono i contatti tra il governo italiano e una delegazione di quello cinese disposta ad acquistare anche il debito del Belapese; la Cina dispone della maggior quantità di riserve in valuta straniera al mondo. Dilma Rousseff, presidente del Brasile, in riferimento alla crisi del debito europeo ha dichiarato: “il problema non è la mancanza di fondi bensì la mancanza di decisioni politiche per effettuare investimenti”. Secondo quanto riporta il quotidiano brasiliano Valor, il Paese verdeoro potrebbe intervenire aumentando le sue riserve internazionali attraverso l’acquisto di obbligazioni in euro, investendo in Gran Bretagna e in quello che è considerato il Paese più solido, la Germania.
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