L’aumento delle importazioni danneggia la produzione industriale interna. Le conseguenze si ripercuotono sull’occupazione, sui consumi e sulle imprese di piccole dimensioni a rischio di competitività. “Il Paese non può permettersi il lusso di lasciar morire la propria industria di trasformazione nella propria strategia di sviluppo”, ha dichiarato il presidente della Fiesp, Paulo Skaf.
Il Brasile ha chiuso il 2010 con risultati da record, ma dietro questo trend positivo si nasconde un rallentamento della competitività industriale. Secondo i dati forniti dalla Federazione delle Industrie dello Stato di San Paolo (Fiesp), riferiti ai primi nove mesi del 2010, il settore industriale brasiliano ha perso 17,3 miliardi di Reais (pari a circa 7,9 miliarid di euro) di produzione e rappresenta il 16% del Pil (contro il 27% negli anni '80). Il coefficiente di importazione, che indica la quota di domanda interna soddisfatta da prodotti importati, ha raggiunto il 21,2% nei primi nove mesi del 2010, aumentando di due punti percentuali rispetto ai livelli pre-crisi. “Il Paese non può permettersi il lusso di lasciar morire la propria industria di trasformazione nella propria strategia di sviluppo”, ha dichiarato il presidente della Fiesp, Paulo Skaf. Sempre secondo proiezioni della Fiesp, se il settore industriale non avesse perso competitività, la produzione interna sarebbe aumentata dell’1,6% comportando un aumento conseguente dello 0,58% dell’occupazione.
“Il Paese si sta deindustrializzando dal 1992”, ha commentato l’ex ministro del Tesoro, Luiz Carlos Bresser-Pereira, aggiungendo che il Brasile ha perso la possibilità di neutralizzare “la tendenza strutturale alla sovrapposizione ciclica del tasso di cambio. Di conseguenza, la moneta nazionale si è apprezzata, le opportunità di investimento mirate alle esportazioni sono diminuite, il risparmio è diminuito, il mercato interno è stato inondato da beni importati e molte imprese nazionali hanno smesso di crescere o sono andate in fallimento”.
Si apre, quindi, un nuovo scenario nel mercato brasiliano, dato dalla necessità di investire nel settore industriale carioca, favorendo l’occupazione e stimolando i consumi interni e il risparmio.
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