Il 20 ottobre scorso il Brasile ha annunciato una riduzione di 50 punti base del tasso di riferimento (Selic), che è sceso all’11,5%.
Pochi mesi fa il Fondo Monetario Internazionale aveva ridotto le prospettive di crescita del Brasile di circa mezzo punto percentuale, a 4,12% nel 2011 e al 3% nel 2012; ora anche il colosso sudamericano sembra temere “il contagio” della crisi economica propagata da Stati Uniti ed Europa.
Il 20 ottobre scorso il Paese verdeoro ha annunciato una riduzione di 50 punti base del tasso di riferimento (Selic), che è sceso all’11,5%; si tratta della seconda riduzione in meno di due mesi: la Banca Centrale del Brasile aveva limato o tassi anche il 31 agosto. La scelta di insistere su tale linea comporta alcuni rischi, in primo luogo, l’aumento dell’inflazione. I prezzi, infatti, continuano a salire, tant’è che l’aumento tendenziale del 6,5% annuo, rilasciato dall’istituto di statistica brasiliano, è superiore all’obiettivo del 4,5% fissato dal Governo. Il presidente della Banca Centrale, Alexandre Tombini, e il Copom, il Comitato di politica monetaria, auspicano che il rallentamento internazionale sia sufficiente a contenere le spinte sui prezzi.
Gli analisti brasiliani valutano “prematura” la scelta di Tombini e la considerano come una conseguenza della sua eccessivamente dipendenza dal presidente Dilma Rousseff e dal potente Partito dei lavoratori.
La crescita brasiliana dipende principalmente dall’andamento di tre settori: agrobusiness, costruzioni e finanza. In ogni caso, non si prospetta facile per il Paese la sfida di allontanare lo spettro dell’inflazione e mantenere solida la ripresa.
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