C'era da aspettarselo. La centrale idroelettrica di Aripuanà è stata occupata lo scorso 26 luglio da un gruppo di guerrieri indios armati di archi e mazze e dipinti con i colori di guerra. Gli indigeni hanno fatto richiesta al governo brasiliano di un indennizzo per i danni dell'impatto ambientale causati dalla deviazione dei fiumi della regione.
Questo episodio è solo l'ultimo di una lunga serie a testimonianza della volontà degli abitanti dell'Amazzonia di contrastrare fermamente la costruzione delle centrali idroelettriche, previste dall'accordo stipulato lo scorso giugno tra il presidente Lula e Alan Garcìa, presidente peruviano.
Uno scontro che sembra non avere soluzione e che si potrae da troppo tempo. L'episodio di Aripuanà ricorda da vicino quello dell'agosto del 2008, quando 3.000 indigeni dell’Amazzonia peruviana si armarono per protestare contro le misure statali e legislative che pretendevano di flessibilizzare la compravendita delle loro terre comunali e che li portarono ad occupare due principali arterie stradali del Paese.
Nonostante tutto questo, il 30 luglio scorso è stato dato l'assenso definitivo alla costruzione della centrale di Belo Monte. Antonia Mello, coordinatrice del Movimento Xingu Vivo, ha confermato che, secondo gli studi di impatto ambientale derivanti dalla costruzione della centrale, gli sfollati saranno almeno 50.000 e che, a seguito di sicure inondazioni, molte specie animali e vegetali autoctone si estingueranno.
Le possibili ripercursioni sull'ambiente delle centrali idroelettriche sono un tema molto sentito in Brasile e numerose associazioni ambientaliste, oltre a personaggi illustri dello show business quali James Cameron e Sigourney Weaver, si sono opposte fermamente alla costruzione di queste centrali, che al momento non possono che collocarsi in una zona indefinita che sta tra il progresso e il disastro ambientale.
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